mercoledì 18 luglio 2012

Pezzi della mia vita 2


28 maggio 2010


…torniamo in albergo a recuperare i bagagli, secondo la guida dobbiamo prendere un pullman per Nanning così da poter raggiungere le cascate Daitian.
Il nostro accompagnatore passa alla stazione di Zaoqing a mezzanotte, con calma olimpica mangiamo un boccone e verso le 23:30 con un taxi andiamo alla stazione delle corriere che…scopriamo essere chiusa!
Ora non voglio dire che mi si è gelato il sangue nel vedere la stazione deserta, non sarebbe dignitoso; e poi… in Cina una soluzione si trova sempre.
Certo l’idea di dover trovare un alloggio a mezzanotte non mi entusiasma.

L'autista deve aver letto la perplessità mista allo sconforto sui nostri volti e comincia a parlarci e ad indicare un gruppetto di persone fermo, con una montagna di bagagli dall’altra parte della strada.
Fio, che già da un mese viaggia da solo, è sicuro: quella è la fermata dei bus notturni.
Stiamo tirando fuori i nostri fagotti quando un pullman ci sfreccia accanto alzando un polverone. Il taxista ci indica quel missile terra-terra e dice “Nanning!”
Il mio socio ed io ci guardiamo, lanciamo gli zaini in macchina e sventolando dei soldi urliamo “CORRI!”

L’inseguimento è più arduo del previsto, quel pullman maledetto si lancia in sorpassi suicidi e guadagna terreno, la strada si stringe per dei lavori in corso, a questo punto sembra impossibile raggingere quel kamikaze ma… ho sottovaluto ancora una volta la follia dei cinesi: il nostro autista, che col senno di poi deve essere un lontano parente di Steve McQueen, lascia la striscia d’asfalto e sorpassa sullo sterrato a destra.
Persa ogni inibizione e buon senso tiro giù il finestrino, mi sporgo fino alla cintura e comincio a sbracciarmi per attirare l’attenzione dell’autista del pullman.

Assalto alla diligenza riuscito: si ferma.
Con tutta la polvere che ho mangiato comincio a sputare fango.
Paghiamo il cugino di Steve McQueen e affidiamo le nostre  anime a Caronte che, dopo un paio di chilometri, si ferma in una stazione-bettola a mangiare.
Il posto è un incrocio di luoghi già visti: tavoli in formica da oratorio, pareti e pavimento di piastrelle da cesso pubblico, musica da discoteca anni 90 e scodelle di metallo come piatti, un po’ come nella cuccia del cane del mio vicino.
Come sempre sembra di essere in uno stabilimento balneare, sarà per l’abbondanza di infradito.
Finalmente si parte, è l’una di mattina.
Ci assegnano una cuccetta e una coperta che ha visto più inverni di me: forse arriva da Woodstok e da quella volta non l’hanno mai lavata!
Combatto con l’aria condizionata una buona mezzora prima di decidermi a imbozzolarmi in quel reperto archeologico.

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